(articolo tratto dal sito dell’ EFSA ITALIA)

Nella pratica sportiva le conseguenze più immediate del rispetto dei nostri valori sono:

1. Divieto di imbarcare pesci di taglia inferiore a quella raggiunta al termine del primo ciclo riproduttivo.
2. Impegno ad imbarcare soltanto una limitata quantità di pesce; comunque mai superiore a quella indicata dalla legge (5Kg o un unico pesce di peso superiore a 5Kg).
3. Impegno ad utilizzare attrezzature di pesca tali da consentire, sia la sopravvivenza della preda se rilasciata dopo la cattura, sia buone possibilità al pesce allamato di liberarsi.
4. Divieto assoluto di vendere il pescato.

CODICE ETICO DELL‘ALBARELLA ANGLER’S CLUB

L’etica della pesca sportiva

di Aldo G.Lapone
(Presidente EFSA Ita dal marzo ‘08)

Amico pescatore, per spiegarmi meglio ti dirò due o tre cose del mio vissuto personale. La prima la prendo in prestito dall’amico Vanni che, quando la canna è piegata e l’angler smoccola e suda perchè il pesce non vuole venire, non perde occasione per ricordare che il pesce sta combattendo per la sua vita e che, se dovesse perdere, morirebbe. Aggiungo: se il pesce dovesse riuscire a liberarsi, tu per consolarti ti berresti una birra. E tutto finirebbe lì!
Visto da questa angolazione il combattimento è poco equo, sbilanciato e di dubbia lealtà. In definitiva, poco sportivo.
La seconda è più sottile e ti chiede di riflettere sul fatto che la tua vittoria sul pesce, anche con l’uso delle attrezzature più “sportive”, passa, in ogni caso,attraverso le sofferenze di un essere meravigliosamente perfetto; e vivo.
Ma te ne dico una terza: quali sono i tuoi veri sentimenti nel momento in cui imbarchi il pesce? Di gioia perchè hai vinto e hai dimostrato (ulteriormente?) di essere bravo?
O perchè “questa sera si fa festa con gli amici”? O perchè potrai fare un po’ di show all’arrivo in porto? Oppure senti semplicemente rispetto per la tua preda e per il modo in cui ha cercato di evitare la cattura? Oppure è semplice routine, una delle tante catture con le quali riempi il tempo della vacanza? Oppure, ancora, senti l’istinto del “serial killer”, di colui cioè che, ben sapendo di non poter trarre profitto dall’ennesimo pesce messo a pagliolo (la vendita è rigorosamente vietata), continua ad imbarcare prede per il solo gusto di farlo?
Decidi tu a quale di questi atteggiamenti, o comportamenti, possa essere riconosciuto il termine “sportivo”.
Potrei continuare a pormi e porti dubbi ed interrogativi, ma l’antifona penso sia chiara. Una cosa mi sento comunque di dire, perchè l’ho capita al termine di una lunga colluttazione (hai notato che non l’ho chiamato combattimento?) con un grande vela allamato con lenza sottilissima e “cannetta” di basso libraggio.

Questi esemplari “DEBBONO RIGOROSAMENTE” essere rilasciati; ma, se si vuole dimostrare, anche solo a se stessi, quanto si sia abili, e oltre all’attrezzatura leggera, si conduca la colluttazione senza cintura e a barca ferma, può succedere, come è successo nel caso cui mi riferisco, che a terminale in mano, il grande pesce muoia, verosimilmente per lo stress derivante dal lungo tempo intercorso fra lo strike e l’arrivo a portata di rafio.

Cioè: in casi del genere, sportività vorrebbe l’uso di attrezzature non super leggere ed una equa distribuzione del tempo della colluttazione, fra barca ferma (per divertirti) e barca in movimento (per favorire l’arrivo del pesce sotto la barca in condizioni di buona vitalità). Ma, vedi, sono anche convinto che la risposta non sia univoca, valida cioè per tutti e in ogni caso. Pensa ad esempio alla differenza fra il primo tonno della tua vita di pescatore e, poniamo, il 15°. E’ chiaro che il release nel primo caso sarebbe ai limiti del masochismo; mentre, nel secondo, sarebbe delittuoso non praticarlo!

Spero non mi farete tanto ingenuo da non sapere che i controlli sono da scarsi a nulli. E poi, diciamolo francamente: “perchè io sì, mentre gli altri non rispettano nè la legge, nè i comportamenti della pesca sportiva” Ecco, amico pescatore, proprio qui, personalmente, ritengo si nasconda l’essenza più vera della sportività: nel rispetto di valori e principi alti, non perchè questo è imposto da qualcuno; per sè, per il rispetto che ciascuno deve a se stesso.
Senza il dovere di dimostrare qualcosa a qualcuno. Senza la necessità di ottenere approvazione, consenso, od applauso!

Certo questo è un gran bel predicare. Ma se, alla fine, dovessimo scoprirci a fare come quel buon Curato che, secondo la tradizione popolare, predica bene e razzola male?
E’ quasi certo che ci troveremmo in “folta ed eletta” compagnia; tanto folta e tanto eletta, quanto miope e priva di prospettiva, di “vision”.
Contro la quale si leverebbe, solenne, il grande monito di Nuvola Rossa.